Razionale
Oggi il trattamento antalgico fa parte, doverosamente, della responsabilità professionale di ogni medico. Nella società vi è una diffusa convinzione che “tutta la sofferenza possa essere evitata” . Il fatto che gli analgesici oppioidi possano dare dipendenza e, peggio, assuefazione (intesa come il bisogno di aumentare sempre più le dosi per ottenere lo stesso effetto iniziale) viene visto come un elemento secondario, spesso non valutato. Per i medici il trattamento del dolore paga, quello delle dipendenze no. Nel secondo caso, infatti, sarebbe necessario concentrarsi maggiormente su informazione e consulenza, entrambi approcci che richiedono tempo. Anche nei casi dove si instaura una progressiva insensibilità ai PK, è più facile e remunerativo prescrivere un innalzamento delle dosi che diagnosticare e trattare la dipendenza. La valutazione sul tipo di trattamento, quindi, dovrebbe essere frutto di una visione sul lungo periodo.
Il recente cambiamento culturale nella Medicina e nella società riguardo al dolore rappresenta una risposta alla prolungata cecità all’esperienza soggettiva del dolore dei pazienti, complicata dall’aumento della prevalenza di sindromi dolorose croniche in una popolazione che invecchia sempre di più. Anche se tale cambiamento ha giovato a molte persone con dolore intrattabile che prima sarebbero state curate in congruamente, esso ha avuto conseguenze devastanti per i pazienti che hanno sviluppato dipendenza e, peggio ancora, tolleranza per prescrizioni disinvolte di farmaci oppioidi.
Alcuni interventi correttivi a breve termine che potrebbero risultare utili includono l’obbligo per tutti i medici di seguire un’educazione continua sulle Dipendenze, similmente a quel che è successo sul trattamento del dolore. L’ obiettivo sarà raggiunto solo quando la Dipendenza sarà considerata una malattia dalla medicina e dalla società, perché solo allora essa sarà trattata come legittimo oggetto dell’attenzione clinica.
Comitato scientifico: Fabio Lugoboni, Mauro Cibin, Ina Hinnenthal, Roger Schmidt
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Con il patrocinio dell'Associazione Italiana per lo Studio del Dolore