Dolore cronico e sensi di colpa

Riceviamo e pubblichiamo molto volentieri questo nuovo contributo di una giovane paziente che sa descrivere con delicatezza e profondità problemi e difficoltà del vivere con un dolore che non passa, difficile da curare.

Uno degli aspetti che più caratterizza la sofferenza per il dolore cronico è sicuramente la sofferenza per i sensi di colpa che noi malati cronici viviamo costantemente: la volta in cui cerchi di vivere la tua vita e poi ti ritrovi a colpevolizzarti perché aumenta il dolore, la volta in cui cerchi di non muoverti perché stai male e arriva quella persona a dirti “dovresti prendere in mano la tua vita, non puoi continuare a non fare niente e fare il pigro”. La volta in cui, invece, rispondi male perché sei stufo, perché sei nervoso per la condizione in cui vivi e successivamente soffri e ti penti di averlo fatto, anche se in parte avevi le tue ragioni. E ancora, la volta in cui devi disdire all’ultimo un appuntamento perché il dolore non ti permette di portare a termine quell’impegno.

Questi sono solo alcuni esempi delle migliaia di situazioni in cui ci si può trovare, che provocano sensi di colpa, emozioni negative e incidono fortemente sul nostro modo di vedere noi stessi. Avviene principalmente perché chi soffre di dolore persistente è costretto ad adattare tutti i suoi modi di fare, e la sua vita, a questo ospite indesiderato e fastidioso. È costretto a rinunciare a tutto, a diventare una persona nuova anche se non lo vorrebbe. Ci si sente persi, ci si sente di non poter avere più il controllo sulle azioni e di non poter quasi mai soddisfare le proprie volontà, perché bisogna sempre tenere in conto il dolore, anche nelle minime cose.

Ma chi ha colpa per questo? Nessuno! Ed è proprio perché niente o nessuno ha colpa, che ci ritroviamo ad incolpare noi stessi, per cercare di dare un senso a qualcosa che accade in maniera quasi astratta, senza ragione. Perché il dolore persistente spesso non segue un senso logico, ma nonostante ciò decide di abbattere la vita di una persona.

Eppure, il compito di noi malati è quello di combattere contro i sensi di colpa, di annientarli, perché provocano sofferenze ulteriori che non ci meritiamo. È giusto che ogni tanto svolgiamo delle azioni che ci facciano bene al cuore, anche se poi provocheranno dolore; ed è giusto anche che a volte ci riposiamo per dare il tempo al dolore di alleviarsi. Se lo facciamo non siamo incoscienti o non siamo pigri, siamo esseri umani che vogliono semplicemente vivere la propria vita e che, anzi, sono diventati più consapevoli di quanto il benessere mentale e fisico debbano, per quanto possibile, avere pari importanza.

Motivo per cui, chi sta intorno ad una persona che soffre di dolore cronico, deve capire che noi abbiamo pieno controllo e consapevolezza di ciò che ci fa bene e di ciò che ci fa male e, per questo, dobbiamo sapere di poter avere il loro appoggio, di poter contare sul fatto che ci sosterranno,  ma senza farci sentire in colpa.

Al tempo stesso, noi malati dobbiamo comprendere che, a prescindere da ciò che ci diranno gli altri, i sensi di colpa non sono fondati, perché di colpe non ne abbiamo mai. Ciò che ci è successo è una situazione anomala, che dobbiamo gestire essendo fieri di noi, non abbattendoci ancora di più. Quelle voci nella testa che ci diranno “Ho sbagliato, non dovevo comportarmi così, ora ho peggiorato la situazione” devono essere sconfitte con un bel “Io valgo, io sono fiero di me perché mi impegno sempre a gestire questa condizione, non è colpa mia!”.

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Questo testo non è solo dedicato ai malati cronici, ma anche al personale sanitario, ai parenti, agli amici e a chiunque per comprendere quanto il dolore possa incidere a livello emotivo e quanto sia importante trovare una soluzione per permettere ai pazienti di vivere una vita normale, senza dover sempre temere la sofferenza.
Valeria T.

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