Dolore cronico pediatrico: nuove diagnosi con l'ICD 11, ma molto resta ancora da fare

Il dolore cronico non è solo un problema degli adulti: circa il 20% di bambini e adolescenti ne soffre, con sintomi che spesso persistono fino all’età adulta. Fino a poco tempo fa il sistema della Classificazione Internazionale delle Malattie ICD-10 non rappresentava adeguatamente queste condizioni nei più giovani. Con l'introduzione dell'ICD-11, si è fatto un grande passo avanti, riconoscendo il dolore cronico primario – come la fibromialgia – come una malattia a sé stante e includendo parametri più dettagliati sulla gravità e l’impatto della condizione.

Nonostante questi miglioramenti, la ricerca di Rau e colleghi pubblicata su Pain* ha evidenziato che l'undicesima revisione dell'ICD-11 non è ancora del tutto adatta ai bambini, in quanto si basa su criteri per adulti, trascurando le differenze neuroevolutive pediatriche. Lo studio mirava infatti a verificare la rappresentazione pediatrica all'interno dell'ICD-11, con particolare attenzione al dolore cronico primario.
Gli operatori sanitari (HCP) di un centro specializzato per il dolore pediatrico hanno documentato i sintomi e assegnato diagnosi sia ICD-10 che ICD-11 a N = 402 pazienti. Utilizzando algoritmi informatici sono state assegnate diagnosi specifiche del dolore secondo l'ICD-11 per ciascuna sede del dolore documentata, con diagnosi residue assegnate (cioè, "non specificate") se i criteri non erano (pienamente) soddisfatti. All'interno dell'ICD-11, gli algoritmi hanno assegnato diagnosi specifiche del dolore alla maggior parte dei pazienti (73,6%). Nell'ICD-10, gli operatori sanitari non sono riusciti a specificare una diagnosi per il 5,2% dei pazienti; l'algoritmo ICD-11 ha assegnato una diagnosi di dolore primario cronico residuo nel 51,2%. Le categorie residue erano particolarmente diffuse tra i bambini più piccoli, i ragazzi, i pazienti con mal di testa e quelli con minore gravità del dolore. Nel complesso, l'utilità clinica dell'ICD-11 era elevata, sebbene meno efficace per le diagnosi di mal di schiena cronico e mal di testa. Quest'ultimo ha anche mostrato la più bassa concordanza tra operatori sanitari e algoritmo. Quindi, sebbene oltre il 70% dei piccoli pazienti abbia ricevuto una diagnosi più specifica rispetto al passato, il 51,2% ha comunque ottenuto una classificazione residuale o non specificata.

Va ricordato che l'ICD-11 ha introdotto una nuova definizione del dolore cronico come condizione multifattoriale, influenzata da fattori biologici, psicologici e sociali. Questo approccio promuove l'adozione del modello biopsicosociale tra gli operatori sanitari pediatrici, migliorando la comunicazione con i pazienti e le loro famiglie. Uno degli aspetti innovativi dell'ICD-11 è la raccomandazione di classificare il dolore in base alla localizzazione più specifica possibile. Questa metodologia può migliorare la comparabilità dei dati nella ricerca internazionale e nelle statistiche epidemiologiche.

Come indicato prima, il dolore primario cronico è una condizione comune tra i giovani pazienti e l'incapacità di codificarlo accuratamente potrebbe ridurre le possibilità di un accesso a cure adeguate e può contribuire anche allo stigma legato al dolore cronico nei più giovani. La mancanza di diagnosi precise alimenta il rischio che bambini e genitori si sentano incompresi, continuando a cercare cure mediche non sempre disponibili. Inoltre, la difficoltà nel riconoscere il dolore cronico infantile come una vera patologia può portare a una minore fiducia nel sistema sanitario e a un peggioramento della qualità della vita.

Per affrontare il problema gli autori suggeriscono di introdurre adattamenti strutturali e criteri specifici per la popolazione pediatrica, garantendo un migliore allineamento con altri sistemi diagnostici. Un'opzione efficace potrebbe essere l'aggiunta di note pediatriche alle diagnosi esistenti per gli adulti, come già implementato per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) nell'ICD-11. Infine, la possibilità di scegliere il livello diagnostico più adeguato al contesto di utilizzo (ricerca, epidemiologia, assistenza primaria o specialistica) potrebbe migliorare la visibilità del dolore pediatrico, facilitare la comprensione del modello biopsicosociale e aumentare le probabilità che i pazienti ricevano i trattamenti necessari.
Sono quindi necessari ulteriori studi per perfezionare le classificazioni diagnostiche pediatriche e garantire ai piccoli pazienti cure più mirate. Il dolore cronico nei bambini esiste ed è una sfida medica e sociale che merita maggiore attenzione.

* Rau, Lisa-Marie; Korwisi, Beatrice; Barke, Antonia Frosch, Michael Zernikow, Boris; Wager, Julia. 11th revision of the International Classification of Diseases chronic primary pain diagnoses in children and adolescents: representation of pediatric patients in the new classification system. PAIN 166(2):p 328-337, February 2025. | DOI: 10.1097/j.pain.0000000000003386

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