Malattia dolore e rischio di abbandono delle cure

"Tra le peggiori sventure della vita, c’è l’attesa. Parliamo dell’attesa di un referto, di un responso medico. Quando si attende il nostro destino, non si riesce a far altro che attendere. Quando il nostro futuro dipende da un medico, da un laboratorio, ecco che rimaniamo appesi. E angosciati. Forse, allora, dovremmo ripensare l’attesa. Così, forse, aspettare può diventare meno penoso. Perché diventa altro. La nostra sala d’attesa vuole essere un’altra cosa. Non ti costringe a star fermo, ma ti lascia andare. Un piccolo viaggio, come da bambini, su giostre rassicuranti."
Paolo Sorrentino

Il paziente con dolore, in particolar modo il paziente oncologico è in questa precisa condizione, uguale anche a quella che Erri De Luca assimila ai migranti, con l'angoscia di una partenza e l'attesa speranzosa di un‘accoglienza.
Angoscia precisa, descritta da J Steinbeck in “Furore” per altro esodo dalla paura.
Chi ha una diagnosi grave più che paziente diventa “disabile“ nella realtà in cui fino a prima viveva affetti e vita sociale . Non ci chiede il miracolo della soluzione della diagnosi, ma di poterla affrontare in una vita il più possibile degna.
A Napoli, all'Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli abbiamo costruito una nave, un orizzonte a chi ha una malattia da dolore e con questa idea cerchiamo di costruire un rapporto sinergico con il “disabile“, il caregiver ed eventuali colleghi di reparto di provenienza.
Infatti attualmente abbiamo un rapporto strettissimo sia con l'oncologia che con la chirurgia toracica oncologica.
Il “disabile“ con malattia dolore ha necessità di rapporto subcontinuo e sempre con lo stesso medico di approccio (cito la prof. Laura Demartino), con cui resta in contatto per email o telefono, senza limiti di orari: se impostiamo una terapia e inevitabilmente compaiono i “non effetti  , o gli effetti avversi, non si può affogare nell'angoscia, nell'“attesa” di un nuovo appuntamento, del “come faccio adesso?“.
Ad oggi abbiamo costruito in discrezione reciproca, senza pronunciare nemmeno la “malattia“, una compliance, fino a creare momenti di briefing su modifiche di terapia.
Tutte le cose belle si realizzano con l'entusiasmo e lo “studere” (dal latino applicarsi a..., tendere a…, come la stupenda esperienza a Parma con i due corsi di terapia del dolore e cure palliative (direttore il dottor Marco  Baciarello), con i miei amici direttori proff. Beatrice Passavanti, Caterina Pace e Pasquale Sansone, “rei” di avermi favorito, incoraggiato e avermi dato opportunità di “andare a bottega” da due grandi come Arturo Cuomo e Marco Cascella, dai quali ho copiato a piene mani e ai quali non posso più rinunciare.
Siamo pur sempre “figli del Mediterraneo“, dei greci, dell'università ateniese e della cultura della conoscenza attraverso il viaggiare tra sponde di sapere.

Mauro Forte
AOU Vanvitelli, Napoli

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